Paolo Minà: senza perdere l’umanità
Mi ero sempre domandata se la storia del papà di Gianni ed Enzo Minà, Paolo Minà, avvocato presso la Reale Mutua Assicurazioni, nonché tifosissimo del Toro e arbitro di calcio per passione (partecipò come guardialinee alla mitica partita dove nacque la zona Cesarini) fosse frutto di memoria fallace o di falsi ricordi.
Può succedere, anzi, curando questo archivio digitale mi sorprendo anche io con quanta facilità, nei miei ricordi, sbaglio date e periodi.
Di suo padre, Gianni Minà ha raccontato raramente, se non in due capitoli del suo libro “Storia di un boxeur latino” (minimum fax, Roma 2020).
Paolo Minà era figlio di un ferroviere siciliano, Vincenzo, e di Cesira, figlia di un garibaldino di Alba. Vincenzo però morì vittima del bombardamento del 13 luglio del ’43 mentre stava in ufficio. Dopo quel tragico fatto la famiglia Minà sfollò in un paesino agricolo vicino Torino, Brusasco.
Durante la loro permanenza, furono vittime di alcuni “partigiani” (uomini discutibili dell’epoca che proliferavano con le guerre e che noi oggi chiameremmo sciacalli) che avevano sequestrato alcuni oggetti, come la radio, preziosa al tempo, ma non soddisfatti, avevano minacciato di sequestrare la mamma di Gianni, Francesca, per raggranellare altro denaro.
Paolo Minà era un federale fascista ma a Torino e a Brusasco aveva aiutato parecchi ragazzi, perché il suo miglior amico di infanzia, Celeste Gianoglio, un operaio comunista, era pazzo del Toro come lui. Paolo allora chiese aiuto ad Ezio, figlio di Celeste, che nel frattempo aveva fatto strada nel partito e nei quadri della Resistenza.
Ed Ezio cacciò lo sciacallo con durezza, anche perché era commissario politico della zona.
Due anni fa, poco prima della scomparsa di Gianni, è morto suo fratello Vincenzo e tra le sue carte, con sorpresa, ho scoperto non solo la denuncia del sequestro di oggetti del finto partigiano, ma anche le dichiarazioni di ringraziamento delle persone salvate dall’avv. Paolo Minà.
Sono documenti che ci fanno entrare prepotentemente in quel periodo storico fatto di confusione, dolore e paura, ma soprattutto ci fanno capire come, anche se si può stare dalla parte sbagliata della storia, non bisogna mai perdere la propria dignità e il rispetto per gli altri esseri umani.
“La cultura (di pace, sostengo io) ci aiuta in questo processo – come sosteneva Antonio Gramsci- ed è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri”.
La città di Brusasco, nel 2022, ha dato la cittadinanza onoraria a Gianni Minà, per il suo giornalismo etico, ma soprattutto per ricordare le radici che hanno legato lui e la sua famiglia a questo piccolo paese del Monferrato.
Archivio Gianni Minà
Più di sessant’anni di vita da cronista, all’insegna di storie, impegno sociale e servizio pubblico. Custodito in uno spazio solo, un flusso di inserimento progressivo di materiale filmico e cartaceo, edito ed inedito, che si fa eredità intellettuale e ponte di sapere fra vecchie e nuove generazioni.
